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Il Giardino di Ninfa: la città fantasma del Lazio meridionale

di Evelina Silvestroni




“Il Giardino di Ninfa sembra un giardino delle fiabe! Ci sono centinaia di piante diverse, fiori coloratissimi e ruscelli incantevoli!” mi avevano detto in tanti. Ma una volta lì… devo dire che avevano torto, perché Ninfa è molto più di questo. Dopo anni di foto viste su Instagram e temporali alternati ad impegni proprio nel giorno in cui mi decidevo ad andare… la scorsa settimana ho finalmente acquistato sul sito giardinidininfa.eu il biglietto. Negli anni passati la visita al Giardino avveniva obbligatoriamente con visita guidata, ma purtroppo, a causa del COVID-19, ciò non sarà possibile almeno fino al 2021.


La Fondazione Roffredo Caetani, la quale si occupa della gestione di questo luogo, ha deciso di riaprire il Giardino di Ninfa seguendo una nuova modalità di fruizione: visite libere divise per fasce orarie, uso di guanti, mascherina e igienizzanti, misurazione della temperatura corporea all’ingresso e distanziamento sociale. Ho dunque deciso di approfittarne e di concedermi una meritatissima gita all’aria aperta, a contatto con dei luoghi d’arte.


“Oggi, l’anima medievale della città e l’estremamente varia vegetazione si fondono armonicamente in ogni angolo, donando benessere a tutti i sensi e fungendo da memoria di una civiltà passata che è ancora viva grazie alle sue creazioni architettoniche.”

Il Giardino di Ninfa non è solo un affascinante giardino, ma è l’Atlantide del Lazio meridionale. Vi ricordate la leggenda della civiltà di Atlantide misteriosamente scomparsa nel nulla? Nei secoli ne hanno parlato e scritto in moltissimi, come ad esempio lo storico greco Erodoto, colpiti dal suo enorme fascino. Personalmente, ho sempre sognato di nuotare tra i suoi resti negli abissi più profondi del mare, circondata da alghe e pesci dai mille colori. Avrei voluto camminare tra i suoi resti corrosi dal sale e modificati dal tempo e indovinare come tutto fosse apparso ai suoi cittadini tanti secoli prima. Nel Giardino ho potuto realmente provare tutto questo.


Infatti, Ninfa era un tempo parte di un vasto territorio dal nome Campagna e Marittima, che nell’VIII secolo divenne parte dell’amministrazione pontificia. Negli anni divenne poi città e fu governata da numerose famiglie. Nel 1298 Pietro II Caetani, nipote di Papa Bonifacio VIII, acquistò Ninfa, segnando l’inizio del dominio della famiglia Caetani. Nel 1381 fu saccheggiata e distrutta. Per questo motivo, e per la malaria che si diffondeva continuamente, la città non venne ricostruita. Gli abitanti si spostarono e i Caetani si trasferirono a Roma e in altri luoghi, abbandonando i resti della città che li aveva accolti.


Alla fine dell’Ottocento i Caetani tornarono nei loro possedimenti e Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onorato Caetani, insieme a due dei suoi figli, Gelasio e Roffredo, restaurò i ruderi medievali di Ninfa e creò intorno ad essi un giardino d’ispirazione inglese, ovvero spontaneo, libero e lontano dalle geometrie rigorose del giardino all’italiana. Dunque, non si tratta propriamente di un giardino all’inglese, perché ne mancano alcune caratteristiche. Ad esempio, i resti del Giardino di Ninfa sono reali e non, secondo i canoni del giardino all’inglese, costruiti artificialmente simulando una costruzione classica o medievale.



La città medievale è quindi divenuta negli anni uno splendido giardino, ricco di centinaia di piante differenti e decine di specie di uccelli. I Caetani resero casa di campagna quello che era il palazzo baronale del Medioevo e si occuparono del luogo con estrema cura, fino a quando nel 1972 Donna Lelia Caetani, figlia di Roffredo, diede vita alla Fondazione Roffredo Caetani, per preservare la memoria del Casato nobiliare e per gestire il Giardino.


Oggi, l’anima medievale della città e l’estremamente varia vegetazione si fondono armonicamente in ogni angolo, donando benessere a tutti i sensi e fungendo da memoria di una civiltà passata, che è ancora viva grazie alle sue creazioni architettoniche. Visitare il Giardino di Ninfa significa conoscerne sia il presente sia il passato. I resti di sei chiese si mescolano con rose, magnolie, cipressi, lecci o faggi. Ingressi e finestre non sono più chiusi, ma si intrecciano con rami e foglie, i quali si arrampicano e colorano scuri mattoni plasmati da pioggia, sole e vento. L’uomo li ha creati, ma ora è la natura a prendersene cura.


Impressionante è stato osservare i resti dell’affresco dell’abside della cattedrale di Santa Maria Maggiore (XII sec.) accanto ad un albero ricco di lunghi peli piumosi e rosa, ovvero l’albero della nebbia o Cotino. Uno spettacolo rarissimo, che mi è stato spiegato dal personale molto preparato. Emozionante è stato ritrovarmi in una piccola ma altissima foresta di Bambù. Ho avuto poi la possibilità di conoscere tante tipologie di piante europee o esotiche, come la pianta brasiliana detta “orecchio di elefante”, e di lasciarmi cullare dal piacevole suono che produce l’acqua nei numerosi ruscelli. Inoltre, Il fascino delle bifore medievali attraverso cui si può osservare il cielo, credo sia un’esibizione artistica impagabile.


Un’esperienza fatta di suoni, colori, profumi, storia e arte, che nessuno dovrebbe perdere.





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